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Vignaioli Naturali a Roma 2015: piccoli appunti di degustazione

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A Roma, a febbraio, due sono gli appuntamenti fissi: quello con il freddo intenso e quello con i vignaioli naturali di Tiziana Gallo che con questa arriva alla settima edizione.
Come lo scorso anno siamo sempre al The Westin Excelsior Rome di via Veneto, cuore di quella che fu la "dolce vita" romana che questo fine settimana si è trasformata in un raduno di appassionati di vino e vignaioli naturali che, racchiusi tra le braccia di due sfarzose stanze, per alcuni anche troppo, hanno saziato la sete (fortunatamente per Tiziana) di tante persone.
Rispetto alle precedenti edizioni ci sono tante conferme e tanti volti nuovi, tutti potenzialmente interessanti anche se, come spesso mi accade, è francamente impossibile passare da tutti nell'arco di poche ore che scorrono via inesorabili tanto che il programma che ti eri fatto viene inesorabilmente sconfessato grazie anche alle tante chiacchere tra amici che stemperano, fortunatamente, l'ansia da prestazione del degustatore che è in me.


Basta tergiversare, veniamo al sodo. Tra i vini bianchi sono andato subito a botta sicura da due produttori che erano fianco a fianco: Ciro Picariello e I CliviIl primo va ricordato oltre che per il suo promettente Fiano di Avellino 2013, per ora meglio in bocca dove regala finezza e persistenza, anche per il suo Greco di Tufo da vigne prese in affitto da due anni e che solo ora, grazie alla mano di Ciro, stanno producendo uve all'altezza del vino che meritano.
Faccio un centimetro e mi sposto in Friuli da I Clivi che, come al solito, hanno una batteria di bianchi spettacolare dove svetta, a mio giudizio, un Brazan 2012 da urlo grazie alla sua esuberante mineralità, quasi sassosa, che al sorso si accompagna ad una persistenza quasi infinita. Ah, era presente anche una bottiglia di Brazan 2001 sui cui non esprimerei giudizi per non andare troppo fuori scala...


Tra gli altri bianchi da segnalare la garganega di Giovanni Menti che, per l'occasione, sfoggiava la t-shirt con scritto il suo credo aziendale: Vino Volutamente Declassato. Il suo Riva Arsiglia 2013, il suo cru di garganega, è davvero profondo e tira fuori tutto il territorio da cui proviene.


Non ho fatto in tempo a passar da loro ma mi dicono che, come al solito, i vini di Zidarich, Terpin e la selezione Sarfati erano tutti in splendida forma.

I rosati in degustazione non erano tantissimi ma, su tutti, è svettato il Cerasuolo d'Abruzzo "Le Cince" 2013 di De Fermo che mi ha davvero emozionato con i suoi profumi floreali e la sua beva terribilmente compulsiva. Stefano anno dopo anno migliora e, anche grazie ai suoi maestri, non può che diventare un nuovo punto (De) Fermo nel suo territorio. Giuro che questa non le sa sono preparata. P.S.: attenzione anche ai suoi bianchi a base chardonnay e pecorino e, ovviamente, al suo Montepulciano d'Abruzzo dal carattere intenso e minerale.


Tra i tanti vini rossi degustati, alcuni improponibili, le solite certezze vengono, come spesso accade, dai "soliti noti". Vogliamo parlare di ARPEPE? Isabella Pelizzatti Perego come sempre ha portato a Roma tutta la qualità del suo territorio rappresentata non solo dal grande Rocce Rosse 2002 ma anche, e soprattutto, dai vari Grumello "Rocca de Piro", Sassella "Stella Retica" ed Inferno "Fiamme Antiche" i quali, ognuno con le sue caratteristiche, forniscono luce abbagliante al panorama vitivinicolo della Valtellina.


Altre solite note sono Dora e Patrizia di Poderi Sanguineto che assieme a poche altre aziende di Montepulciano, stanno riscrivendo la storia del Nobile che spesso e volentieri così aristocratico non è stato. Degustate, se la trovate ancora, la loro Riserva 2011 e poi confrontatevi con gli altri Nobile di Montepulciano pari annata. Cambierete idea sul concetto di eleganza legata al prugnolo gentile.



Anche sul Boca delle sorelle Conti (Castello Conti) c'è ben poco da aggiungere se non che l'annata 2010 ha regalato un vino meno ricco ma più seducente rispetto alla precedente annata. Anche in questo caso, se già non lo avete fatto, il mio consiglio è quello di mettervi in cantina una bella cassa che andrà rigorosamente aperta tra almeno 5 anni.


Sempre in tema di classe e stile non posso non segnalare Stella di Campalto che col suo Brunello Riserva 2009, dal colore #ammericanograzie, ha regalato ai fortunati che sono riusciti a berlo un piccolo momento di contemplazione.



Il giro dei rossi prosegue facendo tappa dai Grifalcoche sfoggia come sempre una batteria di Aglianico del Vulture davvero interessante, e termina davanti a due "laziali" ovvero Damiano CiollieSan Giovenale
Il mio debole per il primo ormai è cosa nota così come è una certezza il Cirsium 2010 (100% cesanese di affile da unico vigneto di un ettaro) che, assaggio dopo assaggio, mi convince del suo essere una delle migliori espressioni di vino rosso prodotto nel Lazio, e non solo, degli ultimi 10 anni. Attenzione anche al Silene 2013, degustato in anteprima, che potrebbe rappresentare un'altra sorpresa per il futuro. Damiano è contentissimo di questa annata e, sempre sottovoce, mi confessa anche che il Cirsium......



Di San Giovenale e del suo Habemus avevo scritto tempo fa sul blog un piccolo articolo che terminava con un punto interrogativo circa il futuro di questa giovane azienda e del suo unico vino. Se, così come è accaduto, l'Habemus 2011 ha spiazzato più di qualche critico a causa della sua arrogante ostentazione strutturale, con l'annata 2012 i detrattori dovranno necessariamente ricredersi. Il motivo? Semplice, Emanuele Pangrazi e tutto il suo staff sembrano aver trovato prima del solito la quadratura del cerchio dando vita ad un vino maestoso ma, al tempo stesso, straordinariamente equilibrato in ogni componente. Qualcuno molto più bravo di me lo ha già premiato all'interno della guida AIS e, a posteriori, non posso che applaudire la scelta.




Come al solito le ultime righe le dedico a ringraziare Tiziana Gallo e tutto il suo staff che ha curato come al solito una organizzazione perfetta. Al prossimo anno!

Benvenuto Brunello di Montalcino 2010

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Anche quest'anno ce l'abbiamo fatta, sono tornato vivo e vegeto, si fa per dire, dalla due giorni di Benvenuto Brunello che quest'anno era attesissimo da stampa e appassionati per via della super annata 2010 considerata un po' da tutti a 5 stelle.

Essendo un degustatore (NON) seriale consapevole che dopo X assaggi la tua lingua diventa della stessa consistenza della felpa che indossi, ho cercato di effettuare ex ante una scrematura degli oltre 135 Brunello di Montalcino in degustazione al fine di "valutare", a mio modo, solo le aziende e i vini che a me maggiormente interessavano. 

Di questi, vi riporto oggi su Percorsi di Vino solo i migliori XX che verranno commentati e contestualizzati utilizzando in linguaggio diretto e popolare. Basta tecnicismi, per oggi.

Le Ragnaie - Brunello di Montalcino "Fornace" 2010: il migliore assaggio della giornata mi ha ricordato un cielo terso, notturno, dove ricercare la stella polare.


Le Chiuse - Brunello di Montalcino 2010: è l'amico che vorresti sempre avere al tuo fianco perchè sai che non ti deluderà. Mai.

Fonte: www.ilbuonconsigliere.it

Tiezzi - Brunello di Montalcino "Vigna Soccorso" 2010: ci sono due certezze nella vita. Una è questo delizioso Brunello, l'altra non ve la dico...

Foto:intermarketandmore.finanza.com

Salvioni - Brunello di Montalcino 2010: corsa e sostanza per il solito cavallo di razza.

Foto: www.cibocanigatti.it

Il Marroneto - Brunello di Montalcino "Madonna delle Grazie" 2010: rappresenta la moglie ideale......in tutti i sensi.

Foto: gossip.nanopress.it

Mastrojanni - Brunello di Montalcino "Vigna Loreto" 2010: se il vino precedente era la moglie perfetta, questo sangiovese rappresenta la sensualità applicata all'amante perfetta.


Tenute Silvio Nardi - Brunello di Montalcino "Manachiara" 2010: berlo è come scoprire che la tua ex compagna di banco, all'epoca bruttarella ed insulsa, sia diventata la ragazza immagine di Lovable.

Foto: Upim.it

Barbi - Brunello di Montalcino "Vigna del Fiore" 2010: è come scoprire che la tua collega con cui lavori da 10 anni è in realtà la tua donna ideale. A saperlo prima....

Foto: www.ilquotidianoitaliano.it

San Giacomo- Brunello di Montalcino 2010: dalla serie "ma fino ad oggi dove eravate nascosti?".Piccoli grandi sangiovese crescono.

Foto: think29.com

San Lorenzo - Brunello di Montalcino 2010: avete presente quei bimbi piccoli piccoli che terminano il cubo di Rubik molto prima di voi? Ecco, bisogna solo aspettare che crescano per dimostrare la loro genialità.

Foto: alessadra.wordpress.com

Fattoi - Brunello di Montalcino 2010: innamorarsi di un produttore e un vino, a volte, è questione di dettagli sussurrati.

Foto: www.ormegrafiche.it

Le Potazzine - Brunello di Montalcino 2010: dopo averlo bevuto ho pensato a questo quadro di Klimt

Foto: http://www.forumlibri.com/

Il Barolo nel Cuore questo week end a Roma

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Dopo il successo della I edizione, vogliamo ancora rivolgere la nostra attenzione al Nebbiolo nella sua più alta espressione: il Barolo. Il nome che abbiamo dato all’evento manifesta chiaramente la nostra passione per quello che viene definito con cognizione di causa il Re dei Vini italiani.

Banchi di Assaggio, Seminari e Laboratori
L’Evento proposto vuole essere infatti una promozione culturale del Barolo e della sua terra di elezione.
Il territorio italiano del vino che più di ogni altro è legato ai vari terroir che lo caratterizzano e che da sempre, è un esempio di come il territorio può e deve essere valorizzato.
Attraverso i banchi di assaggio e i seminari potremo valutare infatti, la diversa declinazione territoriale.
Grande importanza verrà data proprio ai seminari, che vogliono approfondire il terroir unico del Barolo con la sua storia attraverso vini in comparazione e vari approfondimenti dove verranno messe in evidenza le caratteristiche peculiari dei vari Cru delle principali zone di produzione.
Alla prima edizione dell’evento abbiamo avuto la partecipazione di 138 aderenti tra operatori ed appassionati, nei vari seminari proposti.
PROGRAMMA
Sabato 28 febbraio 2015
ore 14:00 Apertura banchi di assaggio
ore 15:00 Seminario di degustazione. Le zone e i terroirs del Barolo
ore 18:00 Seminario di degustazione. I Grandi Cru di Barolo secondo la tradizionale mappa del 1979 delle grandi vigne del Barolo tracciata dall’Azienda Renato Ratti.
ore 20:00 Chiusura dei banchi di assaggio
Domenica 1 marzo 2015
ore 11:00 Apertura banchi di assaggio
ore 11:30 Seminario di degustazione. Atti di affetto: racconti corali di personaggi del Barolo
ore 14:00 Seminario di degustazione. Confronto tra Barolo e Nebbioli dell’Alto Piemonte.
ore 17:00 Seminario di degustazione. Focus sulla Vigna Rionda. Degustazione comparata dei Barolo Vigna Rionda: il riflesso di un terroir di eccezione nelle microzone di un’unica grande vigna.
ore 19:00 Chiusura banchi di assaggio
In degustazione:
BAROLO DI CASTIGLIONE FALLETTO:
Cavallotto
Mascarello Giuseppe
Sordo Giovanni
BAROLO DI MONFORTE D’ALBA:
Giovanni Manzone
Principiano Ferdinando
Giacomo Conterno (seminario Cru)
BAROLO DI BAROLO:
Brezza Giacomo
Fratelli Barale
Borgogno
BAROLO DI LA MORRA:
Bosco Agostino
Aurelio Settimo
Batasiolo
Marcarini
Oddero
BAROLO DI SERRALUNGA D’ALBA:
Massolino
Palladino
Pira Luigi
Ettore Germano
Anselma Giacomo
Gabutti Boasso
BAROLO DI VERDUNO:
Castello di Verduno
GB Burlotto
Anche su Facebook: https://www.facebook.com/events/660257390749961/

Il Chianti Rùfina: appunti di degustazione di un vino identitario

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"Il Chianti Rùfina ha tutto per camminare con le proprie gambe ed auspico che un giorno possa uscire dal calderone della denominazione Chianti".

Ho fatto tardi ed entro in sala quando Armando Castagno sta pronunciando queste parole, una sorta di preambolo a cui seguirà una degustazione di Chianti Rùfina con la presenza di 14 aziende su un totale di 22 produttori che, per l'occasione, sono capitanati da Federico Giuntini Masseti di Fattoria Selvapiana
Si capisce che l'evento è abbastanza imperdibile visto che probabilmente in Italia non è stata fatta mai una ricognizione così approfondita di questa piccola sottozona del Chianti (le altre sono Colli Senesi, Colli Fiorentini, Montalbano, Montespertoli, Colline Pisane, Colli Aretini) situata nella provincia di Firenze e distribuita nei comuni di Pontassieve, Rùfina, Londa, Pelago e Dicomano. 

Mappa della Rùfina - Foto: Lavinium

La denominazione attualmente si estende per oltre 12.000 ha e vanta una produzione di circa 3.000.000 di bottiglie di vino composto da sangiovese, per una quota minima del 75%, a cui possono concorrere le uve provenienti da vitigni idonei alla coltivazione nell'ambito della regione Toscana facendo attenzione al fatto che i vitigni a bacca bianca non potranno, singolarmente o congiuntamente, superare il limite massimo del 10% e che i vitigni Cabernet Franc e Cabernet Sauvignon, non potranno, singolarmente o congiuntamente, superare il limite massimo del 15%. Potenza dei disciplinari moderni!

Come ricorda anche il Consorzio all'interno del suo sito, che andrebbe aggiornato, gli elementi che caratterizzano i vini di Rùfina sono: 
  • la conformazione geologica del terreno, composto da pietre calcaree, galestro e alberese; 
  • l’esposizione solare a Sud Sud-ovest su terreni di altitudine fino a 400 mt slm che consente all’uva dei vigneti di raggiungere una ottimale maturazione; 
  • il microclima con temperature diurne alte e notti fresche d’estate, che contribuisce al mantenimento delle note aromatiche, a sviluppare spiccate acidità. 


Come già detto in precedenza, per valutare la bontà della denominazione, il Consorzio ha presentato ben 14 vini, tutti Riserva (invecchiamento di almeno due anni di cui almeno sei mesi in fusti di legno), con riferimento alle annate 2011, 2010 e 2009

Cosa ne è scaturito? Continuate a leggere!!

Poderi Il Balzo - Chianti Rufina Riserva 2011: si caratterizza per un bel frutto ciliegioso associato a sbuffi alcolici ed a una nota minerale grigio/nera, che odora di ghisa, che spesso caratterizza i Chianti di questa denominazione. Sorso in sintonia col naso.

Dreolino - Chianti Rufina Riserva 2011: rispetto al precedente ha una tendenza ossidativa più marcata che determina in questo vino odori abbastanza inusuali di frutta esotica in purea, pelliccia, propoli, paprika. Un naso morbido che al sorso si scontra invece con una vena acida abbastanza debordante e spiazzante. Più del primo ha subito l'annata decisamente calda.

Cantine Fratelli Bellini - Chianti Rufina Riserva 2011: vino abbastanza estroverso e tipico grazie ad una dotazione aromatica di frutti di bosco ancora croccanti, genziana e gomma vulcanizzata. Alla gustativa il vino sembra abbastanza indietro grazie soprattutto ad un tannino crudo, deciso e, in generale, ad un equilibrio che si rivela ancora abbastanza traballante. Ha bisogno di tempo.

Fattoria di Basciano Chianti Rufina Riserva 2011: se nella Rùfina cercate un vino moderno, globale e alla Parker allora siete sulla buona strada perchè questo è quello che fa per voi. Cioccolatoso, vaniglioso e con un bel frutto scuro a fare da contorno, ha un sorso dove (fortunatamente) il sangiovese riesce ancora a scalpitare non facendosi coprire dalla troppa modernità. Note boisè finali.

Podere il Pozzo Chianti Rufina "Vigna Vecchia" Riserva 2011: è il più mediterraneo di quello finora degustati grazie a chiare sensazioni di erbe aromatiche, prugna quasi in confettura, fiori secchi da diario, cuoio e una ben definita sensazione metallica a fare da cornice. Al sorso è molto rotondo, intenso, nitido e di buona lunghezza nel finale che si contorna di sensazioni sapide. Le vecchie vigne, probabilmente, hanno fatto il loro lavoro.

Fattoria I Veroni Chianti Rufina Riserva 2011: rispetto a Basciano qua la modernità nel vino è portato con maggiore giudizio visto che il Chianti è sì generoso ed estroverso ma rimane moderato nei profumi che spaziano dalla ciliegia sotto spirito alla felce. Magari non è di grande complessità ma anche al sorso mantiene il suo "sporco" equilibrio e la sua bella bevibilità spezzando quell'equazione bislacca che l'annata calda in zona calda (l'azienda ha sede a Pontassieve) debba sempre e comunque dar vita a vini cotti.

Fattoria Selvapiana Chianti Rufina "Vigneto Bucerchiale" Riserva 2011: dopo appena tre anni il vino è ancora di difficile interpretazione grazie ad una presenza di frutto ingombrante che cela la sola ammirevole complessità del Bucerchiale che spesso vira su note di ginepro, curcuma, terra e chiodi di garofano. Al palato, invece, è maggiormente leggibile e alla cieca passerebbe per un piccolo grande vino della côtes du Rhône grazie alle sue note mediterranee di cappero e oliva e alla sua progressione sapida, quasi salata. Da aspettare.



Castello del Trebbio - Chianti Rufina "Lastricato" Riserva 2010: naso florido dotato di note floreali di giglio e lilium legate a doppia mandata da ventate agrumate di arancia sanguinella, foglia di limone e una mineralità bianca, stavolta gessosa, che rende vibrante e meno scuro il profilo olfattivo.Gusto gradevole segnato da buona freschezza di fondo ed ampi e sottili tannini. Finale sapido.

Villa Travignoli - Chianti Rufina "Tegolaia" Riserva 2010: rispetto ai precedenti è il Chianti Rùfina col profilo più dark grazie ad una profondità che tinge di scuro la frutta che stavolta passa in secondo piano e lascia il passo a spunti di china, caffè, terra, orzo maltato. Sorso abbastanza intenso e morbido grazie, forse, ad un residuo zuccherino latente ma, come di incanto, a centro bocca si perde e svanisce abbastanza velocemente. Insoluto.

Le Coste - Chianti Rufina Riserva 2010: non so, probabilmente, spero, che la bottiglia non fosse a posto perchè ho ritrovato nel vino aromi davvero particolari di tamarindo e agrume stramaturo che, in generale, sono sintomatici di una deviazione ossidativa che al sorso fanno ricordare l'agrume candito ricoperto di cioccolato. Rimandato.

Marchesi Gondi - Chianti Rufina Riserva 2009: vino di personalità e di peso che da sempre si fa apprezzare per rigore e classicità. Il frutto, bello rotondo, è sempre sotto controllo così come apprezzabili e caratteriali sono le sensazioni di terra e ghisa che si insediano all'interno di quella nota verticale e fresca tipica del sangiovese. Al sorso l'asse acido/sapido è talmente efficiente da contrapporsi alla grande alla non poco importanti dotazioni morbide del vino che nel finale propone un lungo affondo sapido. Beh, i Marchesi son Marchesi anche nel vino.



Fattoria Il Lago Chianti Rufina Riserva 2009: nonostante sia ubicata in  uno dei luoghi più freschi della Rùfina, l'azienda ha dato vita ad un vino dal profilo maturo con un naso di sottobosco, mora, macis e legno di ginepro. Gusto abbastanza intenso, coerente, il cui contesto più adatto è a tavola dove potrebbe giocare tranquillamente il ruolo di jolly. 

Frascole - Chianti Rufina Riserva 2009: l'espressione colta della Rùfina, questo viene da pensare dopo aver degustato questo buonissimo vino che, anche in annata calda come questa, sa incantare per un naso elegante e territoriale giocato su note di frutta rossa, quasi agrumata, e da sottili effluvi di terra, corteccia, fiori rossi, china e ginepro. Bocca viscerale, elegante, dalla trama tannica efficace e dalla vibrante freschezza che dotano il sorso di una armonia di insieme molto funzionale alla beva. Sapido e interminabile il finale.

Colognole Chianti Rufina Riserva 2009: se si volesse misurare la valenza di un Chianti Rùfina si dovrebbe, nove volte su dieci, prendere Colognole come riferimento imprescindibile per via della sua nitida definizione territoriale e intramontabile sobrietà. Il vino, anche in questo millesimo difficile, non può che affascinare il degustatore grazie alla sua componente fruttata, dal colore rosso, che perfettamente amalgama i suoi profumi con le sensazioni balsamiche, floreali e minerali del sangiovese che non smette di sbuffare ricordi di asfalto e ghisa. Al palato colpisce per equilibrio e tattilità, per classicismo e vigore. Lunghissimo il finale, sapido ed austero che disegna un quadro in bianco e nero  della Rùfina destinato ai nostri nipoti.


Champagne da record!

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Non fa quasi mai notizia, o almeno non quanto i grandi nomi di Borgogna e Bordeaux, ma al terzo posto, in termini di prezzo medio, tra le denominazioni più “battute” sul mercato delle aste internazionali, ci sono i vini di Champagne, riferisce il sito Winenews.it, che negli anni hanno messo in fila un record dopo l’altro, da New York ad Hong Kong, da Krug a Dom Pérignon.

A mettere in fila le aggiudicazioni più alte di sempre, ci ha pensato il magazine Uk “The Drinks Business” (www.thedrinksbusiness.com): il record di sempre risale all’aprile 2008, quando due bottiglie di Dom Pérignon Rosé 1959, mai disponibili sul mercato, hanno superato qualsiasi aspettativa e, a fronte di una valutazione di 4.000-6.000 euro, hanno raggiunto i 74.692 euro, 37.346 euro a bottiglia.

Foto: www.extravaganzi.com

La seconda e la terza bottiglia di Champagne più pagate della storia hanno un’origine comune: facevano entrambe parte dello straordinario tesoro di 168 bottiglie ritrovato su una nave commerciale affondata nel Mar Baltico nella metà dell’800, ritrovata per caso nel 2010.
La prima è una bottiglia di Veuve Clicquot 1841 (vedi foto sopra), battuta all’asta da Merrall & Condit’s per 30.000 euro. Si è fermata a 24.000, invece, una bottiglia di Juglar dei primi dell’Ottocento, di cui non è stato possibile stabilire l’annata esatta. Nel 2009, invece, fece notizia l’aggiudicazione, nella prima asta di Acker Merrall & Condit’s di scena ad Hong Kong, di una bottiglia di Krug 1928, una delle più grandi annate di sempre in Champagne, a 18.700 euro.
Foto: www.tennants.co.uk

Nel dicembre 2006, Christie’s ha portato, tra i lotti dell’asta di New York, una vera rarità: una delle 2.000 Methuselah (6 litri) di Cristal Brut Millenum 1990, prodotte da Louis Roederer per celebrare il nuovo millennio: se l’è aggiudicata un collezionista per 16.580 euro. A chiudere, infine, la classifica, un’altra bottiglia di Krug, questa volta dell’annata 1929, ma a rendere unica la bottiglia finita sotto il martello di Sotheby’s, a Londra, nel 2004, sono le firme di Henri e Remi Krug, che hanno spinto i rialzi fino ai 2.470 euro.

Nero di Troia 2012 di Valentina Passalaqua

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Traslocare, a volte, ha anche dei lati positivi soprattutto se, come è successo al sottoscritto, lo spostare scatoloni ti fa scoprire l'esistenza di bottiglie dimenticate o, meglio, nascoste all'interno della propria cantina che col tempo sta assumendo dimensioni non umane.

Il Nero di Troia di Valentina Passalacqua, donatomi dagli amici di Radici del Sud nel 2013, stava in un angoletto sperduto con la sua bella etichetta bianca sulla quale campeggiava la scritta "vino biologico a fermentazione spontanea da uve raccolte a mano".

Prendo il mio tablet e cerco di avere maggiori informazioni sulla vignaiola pugliese scoprendo con interesse che, dopo una laurea in Master in Business Administration e essersi dedicata per qualche anno all'azienda ortofrutticola di famiglia, ha deciso di occuparsi di viticoltura attraverso la gestione di oltre 40 ettari di vigneto che si estendono alle pendici del Parco Nazionale del Gargano a circa 180 metri s.l.m.


Il progetto, nato assieme all'agronomo Nazario Giagnorio e alla consulenza enologica di Leone Cantarini e Mirco La Gatta (allievo di Lanotte e Moio) ha previsto la coltivazione in regime biologico, certificato Suolo e Salute dal 1999, di varietà come Bombino, Fiano Minutolo, Falanghina, Greco, Nero di Troia, Negroamaro, Primitivo, Montepulciano ed Aleatico che Valentina, così scrive, con il tempo ha imparato ad ascoltare, capire e lavorare seguendo le fasi lunari per tutte le lavorazioni senza tecniche invasive e con pochissimi solfiti aggiunti.

Incuriosito da tutto questo non mi rimane che stappare il Nero di Troia 2012 che mi affascina subito per la lucentezza del suo colore rosso rubino le cui trasparenze, per quelli come me, sono carezze al cuore e all'anima.


Le coccole il vino continua a fartele anche al naso dove regala accattivanti profumi di fragoline di bosco, erbe aromatiche e fiori rossi del Mediterraneo. 
Nessuna pesantezza, nonostante i 14 gradi di alcol, ma tanta freschezza anche al gusto che rimane morbido e suadente con tannino decisamente vellutato e sapientemente intarsiato all'interno di una struttura decisamente in equilibrio che concede un finale decisamente sapido e persistente.

Davvero interessante questo Nero di Troia che rappresenta un vitigno decisamente interessante e di personalità se vinificato in modo leggero come ha fatto Valentina Passalacqua la cui gamma di vini sarà oggetto di approfondimento futuro su Percorsi di Vino.

Ultima postilla per i più tecnici: il vino proviene da un vigneto di circa 3 ettari allevato a tendone con una densità di 2.500 ceppi per ettaro. Vinificazione in acciaio e affinamento sulle fecce nobili per circa 6 mesi all'interno di botti di rovere da 50 hl.


Ma davvero credevate che il vino era come la palestra?

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Cattive notizie per pigri e beoni. Qualche giorno fa un popolare sito inglese sembrava aver messo a poste le coscienze di coloro i quali non riescono proprio ad alzarsi dalla scrivania o dal divano e preferiscono farsi un bicchiere piuttosto che una bella corsetta all’aria aperta: «A glass of red wine is the equivalent to an hour at the gym» sparava baldanzoso il My Daily citando un nuovo studio dell’University of Alberta in Canada e facendo stappare bottiglie di rosso nelle case di tutto il mondo. La rivincita dei fannulloni sembrava così compiuta, alla faccia dei fanatici del jogging e dei patiti della zumba. Chi è corso in palestra per disdire l’abbonamento non aveva però fatto i conti con il dottor Jason Dyck, autore della presunta scoperta.



BICCHIERE DI BUFALA – «Non è affatto così, anche se molte persone vorrebbero che lo fosse. È parecchio sconfortante vedere tutto il tuo duro lavoro ridotto ad una frase sbagliata» si sfoga il dottore alla Cbc, rivelando la bufala. Lo studio è stato pubblicato più di due anni fa: al centro della ricerca c’è il resveratrolo, sostanza presente nell’uva e altri alimenti, che può aumentare la capacità di massimizzare i benefici dell’esercizio fisico. Ovviamente per chi lo fa e non per chi se ne sta spaparanzato. Anche qui occorre però una precisazione, è solamente un pizzico di verità: per avere un qualche minimo di risultato infatti servirebbe molto più resveratrolo di quello contenuto in un bicchiere di vino.«Si dovrebbero bere dalle 100 alle mille bottiglie al giorno» spiega Dyck solo per amor di scienza (e non dell’alcolismo). Insomma non si scappa: meno cantina, più addominali.

La Terrasse "Cuisine & Lounge” del Sofitel Rome Villa Borghese celebra lo Champagne Laurent-Perrier e il Caviale Calvisius

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Non c'è nulla da fare, a Roma ci sono posti unici come ‘La Terrasse Cuisine & Lounge’ del Sofitel Roma Villa Borghese che, dall'alto del suo settimo piano, si affaccia sui giardini di Villa Borghese e di Villa Medici regalando agli ospiti un panorama unico, soprattutto al tramonto, quando il sole letteralmente "muore" dietro la cupola di San Pietro.


Volete sapere il motivo per cui oggi vi parlo di questo posto? Semplice, perchè a partire dal 27 febbraio, per quattro venerdì di seguito, la migliore terrazza d'Hotel in Europa (Prix Villégiature Awards 2013) ha programmato una serie di aperitivi a base di champagne Laurent-Perrier abbinato al celebre Caviale Calvisius (100% italiano ottenuto da specie di storione pure e non ibride) che, per questa serie di eventi, viene interpretato in cucina attraverso gustosi finger food dal bravissimo chef salernitano Giuseppe D’Alessio. La foto sotto probabilmente non rende giustizia al sapore di quei piatti!


Visto che il mio è un blog di vino vorrei parlarvi anche dello Champagne  Laurent-Perrier che durante l'aperitivo in Terrazza è stato degustato in versione Brut che, da sempre, rappresenta un po' il vino bandiera della grande Maison francese visto che la sua produzione risale agli anni '50. 


La cuvée, formata da un sapiente assemblaggio di chardonnay (50%), pinot noir (35%) e pinot meunier (15%), provenienti da oltre 55 crus aventi una media del 94%, dal punto di vista organolettico è facilmente riconoscibile per noi "champagne lovers" grazie alle sue tipiche note di agrumi e frutti bianchi che ben si integrano all'interno di un equilibrio ed uno stile sapientemente ricercato da Laurent-Perrier per questo Champagne tipicamente da aperitivo ma che vedrei bene anche su piatti più ricercati come una zuppa di molluschi o un succulento coniglio alla cacciatora.


Piccola curiosità tecnica: lo Champagne riposa in cantina per un periodo minimo di tre anni anche se la legge francese stabilisce che possa essere commercializzato dopo "solo" diciotto mesi.

Non mi resta che ringraziare per questa magnifica serata Agostino Zappimpulso (FB Manager) e tutti i ragazzi del servizio de La Terrasse Cuisine & Lounge che, oltre ad essere bravi e professionali, ho scoperto essere anche grandi appassionati di vino visto la loro qualifica di sommelier. Se volete, venerdì 20 è l'ultimo giorno per godersi l'aperitivo in compagnia dello Champagne Laurent-Perrier Brut abbinato al Caviale Calvisius.

Ne vale la pena!





Il Chianti Classico de I Fabbri in una splendida verticale storica. Lamole e il suo sangiovese profumano di iris, sappiatelo!

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Per il Chianti Classico di Lamole ho sempre avuto un feeling particolare la cui genesi va ricercata nell'unicità del territorio di appartenenza che fornisce una impronta indelebile al vino che qui viene prodotto con grande fatica. 
A Lamole non ci passi per caso ma ci devi arrivare percorrendo una strada stretta che si inerpica tra le colline del Chianti Classico attraverso paesaggi boschivi, quasi montani, che appartengono più a gnomi e fate piuttosto che a piante di vitis vinifera che spesso si confondono con il viola dei giaggioli che fioriscono a maggio.

Foto: fromatuscanhillside.blogspot.com

Pendenze importanti, che variano tra il 30% e il 50%, che nel tempo hanno costretto gli agricoltori della zona a realizzare veri e propri terrazzamenti dove piantare il mitico "sangiovese grosso di Lamole" i cui profumi, definiti anche dall'altitudine media dei vigneti che si aggira sui 500 metri s.l.m., hanno reso famoso il Chianti Classico di questo territorio nel corso dei secoli.

Anche Susanna Fabbri deve essere rimasta incanta dal fascino del vino di Lamole perchè nel 2000, assieme a sua sorella Maddalena, fonda l’Agricola I Fabbri che oggi, grazie ad un'importate opera di manutenzione delle antiche terrazze e al successivo reimpianto dei vigneti effettuato nel 2002 , si estende per circa 35 ettari di cui 9 piantati a vitis vinifera (sangiovese in prevalenza) e 2 ad oliveto.

Le terrazze di Susanna Grassi

Ho invitato Susanna qualche settimana fa a Roma per una storica verticale dei suoi vini più rappresentativi ovvero il Chianti Classico "Lamole" (vinificazione e affinamento in cemento) e il Chianti Classico "I Fabbri" Riserva (vinificazione in acciaio e affinamento in carati da 500 litri di rovere francese per 10 mesi, seguiti da almeno 5 mesi di bottiglia).

Di seguito ho riportato, come al solito, le mie note di degustazione.

Chianti Classico Lamole 2012: naso di iris, ribes rosso e ciliegia. Bocca lamolese ovvero caratterizzata da finezza e splendido equilibrio grazie anche alla morbidezza dei tannini. Finale succoso. Grande rapporto q/p visto che a  scaffale costa circa 12/13 euro.

Chianti Classico Lamole 2011: rispetto al precedente sembra avere maggiore "ciccia" grazie ad una vena fruttata molto più in evidenza a cui fanno da corollario note di cipria e geranio. Palato di grande classe, sinuoso, con tannini levigati e notevole finale sapido.

Chianti Classico Lamole 2009: un vino terapeutico, questa è stata la mia esclamazione dopo aver messo il naso nel bicchiere che, intensamente, pulsava ed emanava sensazioni talmente balsamiche che ti liberava dal raffreddore meglio dell'aspirina. Alle note mentolate, come sempre, si accompagnavano le "tipiche" sensazioni di fiori rossi e fruttini rossi di bosco. Sorso convincete, fresco e solare con tannino di fine estrazione.

Chianti Classico Lamole 2008: il tempo comincia a sentirsi in quanto, rispetto ai precedenti, si cominciano ad intuire gli odori terziari del grande sangiovese del Chianti Classico che si concretizzano in profumi di terra bagnata, tabacco, cuoio assieme agli onnipresenti effluvi di fruttini rossi, quasi disidratati, e fiori rossi da diario. Bocca, invece, ancora molto giovanile, dotata come sempre di grande freschezza e sapidità e di un allungo succoso e pulito.


Chianti Classico Riserva 2011: Susanna Grassi onoro la menzione Riserva del suo Chianti dando vita ad un sangiovese di razza e struttura, più complesso e profondo rispetto al suo fratellino minore "Lamole" grazie  ad un naso avvolgente che passa dall'agrume rosso all'iris per poi virare verso sensazioni di ciliegia e fragola di bosco. Palato affilato, teso, dotato di fitti tannini e di una chiusura sapida davvero dirompente.

Chianti Classico Riserva 2008: vigoroso e spigoloso al tempo stesso, sempre essere, tra quelli proposti in batteria, il vino più indietro per via di un equilibrio ancora in fase di definizione che oggi lascia intravedere una componente alcolica ancora troppo in evidenza. La sostanza c'è per cui è solo questione di tempo.

Chianti Classico Riserva 2007 (sangiovese, canaiolo e merlot 5%):metti il naso nel bicchiere e anche tra 1000 Chianti Classico non puoi non riconoscere in questo vino la classe e il terroir di Lamole che esplode aromaticamente con intense sensazioni di fiori rossi dove è facilissimo riconoscere l'iris e la viola a cui si intersecano intriganti noti minerali e iodate. Al sorso c'è tanta eleganza e pienezza, il vino invade il cavo orale come velluto rosso e non se ne va più. Un grande Chianti Classico di Lamole per un grande millesimo.


Chianti Classico Riserva 2006 (sangiovese, canaiolo e merlot 5%): probabilmente ha un naso meno ricco e seducente del precedente vino ma, dal punto di vista della complessità olfattiva, questa annata mi piace moltissimo grazie ad una freschezza di fondo, data dalla vena floreale e balsamica, che bilancia perfettamente i ricordi di foglia di tabacco, corteccia e marasca. Al sorso sguaina corpo e carattere e fini tannini. Finale persistente e sapido. Grande prova.

Chianti Classico Riserva 2005 (sangiovese 100%): annata fredda molto simile alla 2014 che a Lamole, dove i vigneti sono a circa 600 metri, è stata davvero molto difficile. Susanna, con molta amarezza, ci confessa che ha dovuto ridurre dal produzione del 60%. Il risultato di tutto questo, come facilmente prevedibile, lo si testa immediatamente nel bicchiere dove il Chianti Classico si caratterizza per sobrietà e magrezza. Tutto è essenziale ma la colonna vertebrale è ancora ben dritta e solida per cui il sorso, nonostante tutto, rimane piacevolissimo soprattutto nel finale decisamente sapido e austero.




Che tipo di viaggiatore sei? KAYAK svela il vino che fa per te!

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La tradizione della viticoltura in Italia ha origini antichissime; non è infatti un caso che il Bel Paese fosse chiamato Enotria (terra del vino) in epoca pre-romana. La produzione di vino è un settore strategico a livello economico e ogni regione italiana ha una storia affascinante da condividere sulla coltivazione delle vigne. Quest’anno, in occasione di Vinitaly di Verona, KAYAK.it, il motore di ricerca dedicato al viaggio, ha voluto celebrare il vino associando ad esso cinque diverse tipologie di viaggiatore.

IL SOLITARIO
Il solitario è un viaggiatore a cui piace stare un po’ sulle sue, ama il contatto con la natura ed è costantemente alla ricerca di nuove sfide e avventure. Un profilo che perfettamente si associa a un vino di agricoltura biodinamica, proveniente da un tipo di viticoltura di avanguardia naturalistica che cerca di avere il minor impatto possibile su madre natura.
vini biodinamici, entrati recentemente nelle cantine italiane, sono prodotti secondo un metodo di coltivazione basato sui dettami filosofici ed esoterici di Rudolf Steiner. Si tratta di vini impegnati come il viaggiatore solitario, che spesso porta in spalla libri colti, mai noiosi, prediligendo la montagna al mare.

Dal momento che è sempre attivo e ama viaggiare, KAYAK raccomanda a questo viaggiatore la sua innovativa feature MyTrips, uno strumento ideale per chi ha sì la testa sulle nuvole, ma anche i piedi saldi per terra.


L’OCULATO
Non poteva assolutamente mancare nelle cinque categorie stilate da KAYAK il viaggiatore attento al budget. In tempi di crisi, l’oculato non rinuncia all’esperienza del viaggio, ma evita gli eccessi e le spese non necessarie. A un profilo così si addice perfettamente un Aglianico Del Vulture, vino tipico della Basilicata. Il Barolo del Sud, così definito date le varie caratteristiche in comune con il vitigno piemontese, è un vino di qualità molto alta, ma dai prezzi contenuti.

Di certo un binomio che apprezzeranno in molti quello tra alta qualità e spesa contenuta: KAYAK viene incontro alle esigenze del viaggiatore oculato suggerendogli l’utilizzo di Explore che permette di scoprire e trovare nuove mete con un budget prefissato.

L’IPERATTIVO
Ha girato il mondo, ha visitato tutte le capitali europee e ha attraversato la bella penisola italica da nord a sud… due volte! Non è mai stanco e in vacanza tira fino alle 6 di mattina. Un personaggio che assolutamente non può mai mancare in un gruppo-vacanze perché ha energie da vendere! Il vino in assoluto più vicino a questo profilo è senza dubbio un “bollicine”: un metodo classico Franciacorta o un buon Prosecco. E, se un bicchiere tira l’altro, il Processo di prenotazione semplificato di KAYAK è sicuramente uno strumento utilissimo perché consente di cercare e prenotare, senza mai lasciare l’interfaccia di KAYAK, da qualsiasi device.

IL MANIACO DEL CONTROLLO
A chi non è mai capitato di avere in gruppo un pianificatore seriale? Il viaggiatore che adora andare in vacanza, ma che vuole avere tutto e ?C sempre ?C sotto controllo. Prima di partire ha già prenotato tutti gli alberghi, l’auto e persino i ristoranti nei quali andrà a mangiare. Ha letto almeno tre guide ed è decisamente pronto a qualsiasi inconveniente.
KAYAK abbina a questo profilo un Cabernet friulano o un Sangiovese, vini neutrali, lineari e senza sbalzi. Sono estremamente facili da associare e si sa che scegliendoli difficilmente si sbaglia.

Inoltre, il Calcolatore dei costi di commissione e il Calcolatore dei costi per i bagagli del metamotore di ricerca sono le due feature perfette per il “pianificatore”; entrambe, infatti, mostrano le spese extra relative al pagamento con carta di credito e quelle relative al costo dei bagagli imbarcati.

IL SOGNATORE
Ama i paesaggi bucolici e le atmosfere calde e rilassate. Il tempo, per questa categoria di viaggiatore, non è scandito delle lancette di un orologio, ma dalle emozioni e dalle esperienze legate al viaggio. Il vino che gli si addice di più è sicuramente un Passito di Pantelleria: zibibbo al 100% caratterizzato da un colore giallo dorato, tendente all’ambrato e con un sapore dolce e aromatico.

Il sognatore notoriamente si lascia trasportare dalle situazioni e istintivamente decide di partire: Hotel per stanotte, la nuova feature dell’applicazione di KAYAK, lo aiuterà a prenotare last minute l’albergo dei suoi sogni.

“Ci siamo divertiti molto a trovare la perfetta combinazione tra vino e viaggiatore. La decisione di proporre esclusivamente vitigni italiani non è stata casuale. L’Italia ha una produzione di vino di eccellenza ed è sicuramente meta ambita per molti nostri utenti. Noi di KAYAK siamo sempre curiosi di conoscere cosa possa spingere i nostri clienti a partire verso nuove mete, ma ci piace anche dare suggerimenti e consigli relativi alle destinazioni da scegliere”, ha dichiarato Gurhan Karaagac, Regional Managing Director KAYAK Italia, Turchia e Grecia.

Tenuta Giostra Reitano – Faro DOC Rasocolmo 2011

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Mi fa sempre piacere scrivere sul blog di piccole realtà vitivinicole italiane sopratutto se, come in questo caso, non hanno sempre quella cassa di risonanza che pure gli spetterebbe visto la qualità offerta.

Della DOC Faro ho scritto già diverse volte per descrivere prima i vini di Salvatore Geraci (Faro Palari) e poi, in rigoroso ordine temporale, quelli del mio amico Giovanni Scarfone che da qualche anno è balzato agli onori della cronaca per la costante crescita qualitativa della sua produzione.

Questa piccola denominazione della provincia di Messina, nonostante tutte le difficoltà, può contare fortunatamente su altre piccolissime realtà agricole (chiamarle aziende mi sembra spropositato) che in totale raggiungono circa 30 ettari di vigneto composto essenzialmente da Nerello Mascalese, Nocera e Nerello Cappuccio anche se il disciplinare di produzione, istituito nel 1976 e rivisto nel 2011, prevede la possibilità che il Faro DOC possa essere prodotto anche con l'eventuale aggiunta di Calabrese, Gaglioppo e Sangiovese.



Un'importante realtà locale del territorio è sicuramente la Tenuta Giostra Reitano condotta fin dal 2004 da Francesco Giostra Reitanoex Presidente del Consorzio di Tutela Faro DOC, che gestisce un ettaro di vigneto (a breve diventeranno circa tre) coltivato sul promontorio di Capo Rasocolmo, proprio di fronte l'isola di Stromboli, da cui nasce l'omonimo vino oggi in degustazione su Percorsi di Vino.



Il “Rasocolmo” 2011è prodotto da uve Nerello Mascalese, Nocera, Nerello Cappuccio, Nero d’Avola e Sangiovese ed è affinato in acciaio per almeno 12 mesi al seguire dei quali viene messo in bottiglia per altri 120 giorni come minimo.

Il vino si presenta nel bicchiere con una veste cromatica rosso rubino, tendente al granato, e all'olfatto si caratterizza per la sua veste aromatica che spazia dalla frutta nera di rovo alla macchia mediterranea fino ad arrivare alle spezie nere.



Ciò che colpisce, soprattutto se lo paragoniamo ai "colleghi" maggiormente blasonati, è il sorso che si caratterizza per il suo essere schietto e diretto grazie anche ad un tannino appena accennato e, in generale, ad un equilibrio sicuramente centrato che amplifica la bevibilità del vino che, a mio parere, rimane la caratteristica più importante di questo Faro DOC.

Insomma, il Rasocolmo pur non essendo un mostro di complessità e persistenza rappresenta un ottimo approccio ad un territorio e, in particolare, ad una denominazione che ha bisogno di tutti noi appassionati per essere valorizzata come si merita anche la strada verso l'eccellenza è ancora lunga e tortuosa. 

Beviamo più Faro DOC, i produttori se lo meritano e, in fondo, anche noi.

Il cervello preferisce i vini con poco alcol

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Le aree cerebrali coinvolte nell'elaborazione delle informazioni gustative, come l'insula e il cervelletto dell'emisfero destro del cervello, si attivano maggiormente quando si beve del vino a gradazione non troppo alta rispetto a quanto accade con vini di gradazione maggiore. Lo suggerisce uno studio pubblicato di recente sulla rivista Plos ONE da un gruppo di neuroscienziati guidati dallo spagnolo Manuel Carreras dell'Università dei Paesi Baschi in Spagna. I ricercatori hanno sottoposto 21 volontari sani, bevitori occasionali di vino, a un esame di risonanza magnetica funzionale (fMRI), tecnica in grado di rilevare l'aumento o la diminuzione dell'attività metabolica di una determinata area cerebrale, durante l'assunzione di vini rossi a bassa gradazione (tra i 13 e i 13 gradi e mezzo) e vini a gradazione più elevata (tra i 14 e mezzo e i 15 gradi) a parità di altre proprietà fisiche, come l'acidità.
Foto: www.meteoweb.eu
L'interpretazione dei risultati
"In linea di principio, una percentuale di alcol maggiore dovrebbe produrre una stimolazione sensoriale più intensa" riflette Ram Frost, primo autore dello studio "eppure noi osserviamo un risultato paradossale, ovvero l'attivazione più intensa di alcune aree cerebrali a fronte dell'assunzione di vino a più basso contenuto alcolico. In effetti, le aree che mostrano una maggiore attivazione durante l'assunzione di vino a più bassa gradazione" continua Frost "non sono aree sensoriali, bensì l'insula e il cervelletto dell'emisfero destro. Studi precedenti al nostro hanno mostrato che l'attivazione dell'insula evocata da uno stimolo gustativo è modulata dall'attività delle aree cerebrali che modulano il livello di attenzione verso lo stimolo stesso". Il cervelletto, invece, sarebbe coinvolto nella regolazione del flusso d'aria verso la mucosa olfattiva al fine di ottimizzare la percezione olfattiva e, dunque, anche la percezione gustativa. Inoltre, la corteccia gustativa dell'emisfero di destra si attiva preferenzialmente per stimoli piacevoli piuttosto che per stimoli neutri o non graditi.

Vini del Vecchio Mondo, vini del Nuovo Mondo e attivazioni cerebrali

"Negli ultimi 30 anni" sottolinea Manuel Carreras "è cresciuta la tendenza, soprattutto tra i produttori di vino del Nuovo Mondo, ovvero australiani, cileni o californiani, a produrre vini a contenuto alcolico sempre maggiore, dato che si ritiene che una gradazione maggiore fornisca maggiore spessore e corpo al vino e, in questo modo, si incontrino i gusti del consumatore". In realtà, lo studio potrebbe fornire una base scientifica alla critica più frequente che viene mossa ai troppo corposi vini del Nuovo Mondo, ovvero una mancanza di eleganza ed equilibrio dovuta a un contenuto alcolico troppo elevato che maschera le più sottili sfumature olfattive e gustative del vino.
"D'altra parte" concludono Frost e Carreras "i nostri risultati lasciano intendere che vini più leggeri, come quelli prodotti in Francia, Spagna e Italia, possano avere maggiori chance di favorire una più spiccata sensibilità verso le qualità globali espresse da un vino, anche e soprattutto tra i non esperti, e potrebbero guidare le scelte future degli enologi e dei produttori".
Fonte: http://it.blastingnews.com/

Le Cinciole - Chianti Classico 2011

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Parlando di Chianti Classico spesso e volentieri la (sotto)zona di Panzano, per via del suo microclima caldo e asciutto, è stata spesso associata ad un'idea di vino più alcolico e strutturato rispetto ad altri territori più "freschi" come, ad esempio, quello di Lamole o di Radda in Chianti. 
Siamo davvero sicuri che a Panzano ogni azienda produca solo Chianti Classico di tipo "boteriano"? Beh, se si conosce un minimo il territorio, comprese le aziende che vi operano, la risposta deve essere assolutamente negativa e una delle tante eccezioni che confermano la regola è rappresentata dai Chianti Classico del Podere Le Cinciole.
L'azienda, gestita da Luca e Valeria Orsini, attualmente si estende per circa 30 ettari di cui 13 a vigneto specializzato (11 in produzione) mentre sono 5 quelli destinati alla coltivazione dell'olivo con circa 1000 piante.

Luca e Valeria Orsini

Ciò che contraddistingue i vini de Le Cinciole è sicuramente la posizione dei suoi vigneti che si trovano ad una altitudine compresa tra i 430 e i 470 mt slm con esposizione sud-est e pendenza media del 15% anche se una parte consistente dei vigneti, circa 4 ettari su 13, hanno esposizione sud-ovest e sono localizzati su di un altro versante rispetto allo spartiacque orografico.
L'altro fattore caratterizzante i vini de Le Cinciole riguarda la tipologia del terreno su cui poggiano le vigne che, geologicamente, è composto essenzialmente da pietraforte ovvero una pietra arenaria di grana fine con cemento carbonatico tipica delle costruzioni dell'edilizia fiorentina come, ad esempio, Palazzo Vecchio.

Foto: imgkid.com

Oltre all'IGT Toscana "Camalaione" prodotto da un sapiente blend cabernet sauvignon, syrah e merlot, l'azienda basa la sua produzione su due storici vini rappresentati da  "Le Cinciole", Chianti Classico annata, e il "Petresco" che rappresenta il Chianti Classico Riserva proveniente dalla selezione di sangiovese proveniente dai migliori vigneti.

Questa piccola introduzione al micromondo di Podere Le Cinciole rende più evidente come i loro Chianti Classico abbiamo un timbro poco panzanese e tutto ciò risulta molto evidente sul Chianti Classico "Le Cinciole" 2011 che poco tempo fa ho degustato nel corso del Master sul Chianti Classico tenuto dal mio amico Armando Castagno.
Il vino, sangiovese con una piccola percentuale di canaiolo, rappresenta un bellissimo esempio di classicità chiantigiana e, se lo dovessi raffigurare, non farei altro che disegnare una leggiadra ballerina di danza classica che si muove all'interno di un teatro maestoso e barocco. 



All'olfattiva il vino incarna calore e fulgore ma la luce di cui è composto è quasi nordica, scalda ma non arde, è un caloroso abbraccio sensoriale che, se chiudessi gli occhi, ti porterebbe all'interno di una vegetazione rigogliosa e prettamente primaverile caratterizzata dalla presenza di viola e lavanda e dalla compartecipazione di toni boschivi che prendono la forma della felce e della corteccia. La frutta di bosco, tipica dei vini di Panzano in Chianti, è solo un timido ricordo.
Il sorso è incantevole per energia e, soprattutto, per un equilibrio sopraffino dove la parte acido/sapida del vino, evidentissima grazie alla presenza di vigne in "quota" poggiate su pietraforte, fornisce al Chianti una scorrevolezza di beva e una golosità da primato. 
Difficile spiegare tutto questo a parole, più facile sicuramente comprare la bottiglia e verificare di persona cercando di evitare di terminare il contenuto in un amen.

Piccola nota tecnica per quanto concerne vinificazione ed affinamentole uve attentamente selezionate vengono vendemmiate a mano e dopo essere state diraspate e delicatamente pigiate, vengono vinificate in tini di cemento per 15 giorni. Durante il naturale svolgimento della fermentazione alcolica i mosti vengono continuamente controllati al fine di non superare i 28C°. Al termine della fermentazione alcolica si procede alla svinatura ed al trasferimento in altri tini per lo svolgimento della fermentazione malolattica che generalmente si conclude entro la fine di dicembre. Successivamente il vino viene travasato in botti di rovere francese di media capacità (20hl.) dove trascorre circa 12 mesi di invecchiamento. 

Il DNA del lieviti ci salverà dalla sbronza?

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Alterare il DNA del lievito contenuto nel vino potrebbe renderlo “libero da effetti collaterali”. Ciò significa che in futuro potrà essere possibile bere qualche bicchiere in più senza incorrere nei cosiddetti “postumi della sbronza”. A darne la notizia sono i ricercatori della Illinois University di Champaign (Usa), coordinati dal prof. Yong-Su Jin, che, in uno studio pubblicato su Applied and Environmental Microbiology, hanno realizzato una tecnica capace di migliorare il valore nutritivo degli alimenti fermentati.

Gli esperti hanno messo a punto il "coltello genoma", un metodo che utilizza un enzima, l'RNA-guida Cas9 nucleasi, per tagliare in più copie il DNA del lievito Saccharomyces cerevisiae, utilizzato per la fermentazione di vino e birra. Dopo essere stato spezzettato, il genoma del lievito viene “riprogrammato” per migliorare il valore nutritivo della bevanda. In particolare, utilizzare la tecnica durante la “fermentazione malolattica” - un processo secondario che porta il vino a maturazione, rendendolo morbido – potrebbe impedire la formazione dei sottoprodotti tossici, responsabili dei postumi della sbornia.

Lieviti del vino - Foto:agrifutura.wordpress.com

Il "coltello genoma" potrebbe, inoltre, consentire d'incrementare la presenza di sostanze nutritive nei cibi: "Il vino contiene un componente salutare, noto come resveratrolo. Con il lievito «riprogrammato» potremmo aumentarne la quantità presente nel vino fino a 10 volte, o anche più – spiega Yong-Su Jin -. Oppure potremmo inserire nella bevanda composti bioattivi derivati da altri alimenti, come il ginseng. O ancora, potremmo inserire il resveratrolo nella birra, nel formaggio o nei sottaceti, cioè in tutti gli alimenti che utilizzano il lievito per fermentare".

Articolo tratto da Ilsole24ore


Valutazioni e acronimi negli appunti di degustazione

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Qualche giorno, fa leggendo un simpatico articolo sul The Telegraph circa i modi di prendere appunti durante un wine tasting, ho cercato di pensare a cosa faccio io quando sono di fronte ad un bicchiere di vino che andrebbe valutato in pochi istanti. Questo accade, ad esempio, quando si è all'interno di una Anteprima enologica dove nel giro di pochissimo tempo devi (dovresti) bere e dare un punteggio a gran parte dei vini di tutta la denominazione (campioni di botte inclusi).

In questi casi, con la giusta fretta, non possiamo certo copiare il "grande maestro" LucaMaroni. Già, ci metteremmo troppo tempo se celebrassimo ogni vino in virtù della sua turgidità e polposità di frutto. 

Per andare incontro al problema, perciò, bisogna trovare un rimedio che badi alla sinteticità di linguaggio, occorre inventare o personalizzare quelli che nel Regno Unito chiamano "evocative descriptions", cioè acronimi o parole estremamente espressive che poi, più in là, ci permettano di ripensare a quel vino e giudicarlo a  mente fredda.




Leggendo l'articolo di Victoria Moore ho scoperto che spesso i grandi wine tasters anglosassoni usano acronimi molto eloquenti come NDIFM (Not Doing It For Me) oppure LTWTL (Losing the Will To Live)
Tra le sigle più suggestive c'è sicuramente l'acronimo TLIID (They’ll Like It, I Don’t) ad indicare sicuramente un vino che non piace a chi lo sta degustando ma che, a suo modo di vedere, sarà sicuramente un successo commerciale visto magari un certo stile di vinificazione.

Tornando in Italia e andando a spulciare tra i miei appunti, ho notato che ciò che scrivo io durante le degustazioni è nettamente più colorito rispetto ai miei "colleghi" anglosassoni con una netta prevalenza di evocative descriptions quando trattasi di vini dal profilo gustativo non eccezionale. 

Provo a inserire qualche descrizione espressiva e pittoresca da me ritrovata sul mio Moleskine.

Barbacarleggiante: in riferimento ad un vino dal profilo rustico con accenni di rifermentazione in bottiglia;

Kriptonite: avete presente il legame tra Superman e la famosa sostanza immaginaria? Ecco, è lo stesso effetto che mi fa quel vino...

Condom: praticamente è un vino che non fa trapelare emozioni...

WC: penso che non abbia bisogno di spiegazioni...

Ikea: vino segheria, ha più legno lui che la famosa catena di mobili svedese..

Credit: http://www.sentio.it

Quando un vino mi piace molto, invece, uso una serie di disegnini tipo "pollice in su" o uno smile anche se, a volte, ho scritto riccio per dire che il vino mi faceva godere come un riccio...

Comunque, a parte poche divagazioni folcloristiche, mi rendo conto che la maggior parte dei vini da me testati sono stati etichettati con i classici valori numerici prendendo in considerazione la scala in centesimi. Valutazioni più aride ma immediate, soprattutto se bisogna escludere qualche vino dal gruppone dei contendenti.

E voi? Avete delle personali  "evocative descriptions"? 



Masseria Murata - Coda di Volpe 2008

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L'avevo degustato qualche anno fa durante la visita a Masseria Murata dove, oltre a questo vino, degustai altri grandi prodotti irpini tra cui uno splendido Fiano di Avellino 2010.

Gianluca Argenziano e i suoi vigneti

Di questo Coda di Volpe nel 2013 avevo scritto così:

Sarà che le vigne sono quasi centenarie, sarà che la famiglia Argenziano crede molto in questo vitigno, il risultato è affascinante: il Coda di Volpe, di cinque anni fa, è ancora un vino vivo, freschissimo, verticale, non ha grande complessità ma le poche cose che ha le esprime ai massimi livelli. Fresca è una bottiglia che berrei in un minuto da solo.


Pochi giorni fa ho voluto riprovare il vino per capire a che punto era e da subito, dopo il primo sorso, ho capito che due anni fa mi ero sbagliato.
In che senso? Nel non capire le capacità evolutive di questo Coda di Volpe che oggi oltre alla freschezza gustativa che ha mantenuto si arricchisce di una complessità aromatica che prima, causa giovinezza, ancora non esprimeva al meglio e che oggi è caratterizzata da un registro olfattivo dove spicca la pera, i fiori di zagara e la nocciola. Sorso equilibratissimo e armonico sospinto nel finale da una sapidità sopra la media.

Costa poco e fa godere molto. Cosa volere di più per questo week end?

La Sardegna di Dettori alla prova del tempo

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Alessandro Dettori e la terra di Badde Nigolosu, un binomio indissolubile e viscerale perchè, lo scrive lo stesso Alessandro, senza quel territorio la loro attività vitivinicola non avrebbe un senso, non esisterebbe.

Siamo in Romangia, sulle colline di Sennori, dove regna l'alberello sardo che punta le sue radici all'interno di un terreno prettamente calcareo, bianco come la panna, che fa da sfondo, oltre che alla vite che lotta contro il maestrale, ad una vegetazione composta da oliveti, fichi d'India, fichi e macchia mediterranea. Nel cielo, falchi e poiane fanno da guardiani a questa Natura struggente, primordiale.

Alessandro fa parte di una famiglia di pastori agricoltori che, come scrive sempre Alessandro, hanno la necessità, da sempre, di consegnare in eredità alle generazioni future una terra fertile e sana. I Dettori, perciò, si considerano piccoli artigiani del Vino il cui frutto, l'uva, viene lavorata naturalmente per creare vini di territorio e non prodotti che piacciono al mercato. Vivono le loro Terra in maniera profonda e consapevole tanto che la tecnica usata per capire quando vendemmiare è molto semplice: passeggiare tra i vigneti e “masticare” l’uva che, messa nelle cassette, viene portata in cantina dove viene lavorata immediatamente.

La Cantina è semplice, tradizionale, sarda e costruita totalmente interrata dopo anni di osservazione ed analisi che hanno permesso di individuare l’area da destinare alla vinificazione e quella per la maturazione in bottiglia. 

Badde Nigolosu
L’uva, selezionata manualmente, viene diraspata ma non pigiata e viene lasciata a macerare nei tini di cemento senza aggiunta alcuna di solforosa. La durata della macerazione dipende dalle caratteristiche del mosto. Può durare dai due ai venti giorni. La svinatura avviene sempre a mano per preservare la buccia. Il mosto prosegue il suo cammino nelle piccole vasche di cemento sino al suo imbottigliamento, di solito dopo due – tre anni. 
Non viene usato alcun prodotto di chimica di sintesi se non lo zolfo. Bellissime sono le retroetichette dei vini di Dettori che riportano tra gli ingredienti solo Uva e Zolfo.

Tutto ciò è ben conosciuto da noi appassionati di vino perchè Alessandro lo ripete ogni volta che lo si incontra alla fiere e perchè, da sempre, è scritto a chiare lettere sul sito dell'azienda. Quello che probabilmente Alessandro non sa, almeno fino in questo momento, è che un piccolo gruppo di romani si è riunito attorno ad un tavolo per valutare il rapporto dei suoi vini col tempo che passa.  Vediamo come è andata? Ma sì, vediamo!
Dettori Bianco 2007 (100% vermentino): giallo dorato, ti corrompe per la sua territorialità che evoca la macchia mediterranea, il miele sardo di asfodelo, il fieno disidratato e la frutta solare, calda, ma non marmellatosa. Al sorso esplode il tratto quasi tannico del vino ma, soprattutto, la grande sapidità del vino che, lo anticipo, rappresenta il tratto comune di tutti i vini di Dettori. Lunga persistenza salmastra che vale un tuffo nel mare cristallino della Sardegna. I 15,5° di alcol non pervenuti o, meglio, ben racchiusi nella struttura del vino.
Dettori Bianco 2006 (100% vermentino): rispetto al precedente il vino ha una veste cromatica meno intensa che prende la forma del giallo paglierino quasi scarico. Al naso il vermentino esplode con un connubio perfetto di olive nere, mela cotogna, anice stellato, timo. Al sorso il vino è un Freccia Rossa che corre in verticale donando freschezza e sapidità alla beva che rimane "tipica" e gradevolissima. Avrà ancora tanto futuro sto vino.

Foto: dobianchi.com
Dettori Bianco 2005 (100% vermentino): cromaticamente è il vino più evoluto col suo aspetto ambrato ma all'olfattiva riprende decisamente punti perchè sembra regalarti un viaggio all'interno di un bazar indiano con le sue note di spezie orientali che regalano una balsamicità inaspettata. Sorso scontroso, salino, politicamente scorretto e, forse per questo, di grande carattere e unicità.
Chimbanta 2003 (100% monica): nato per celebrare i 50 anni di Paolo Dettori, papà di Alessandro, è il prototipo di vino che ti aspetti da un territorio come la Sardegna: caldo, mediterraneo, strutturato e passionale. Per dirla come il mio amico Massimo Abbate, questo è un monica in purezza cazzuto adatto all'uomo che non deve chiedere mai.
Tenores 2003 (100% cannonau): già dalla veste cromatica, più simile a quella di un pinot nero di Borgogna che ad un Cannonau sardo, capisci che hai di fronte un vino diverso e, per questo straordinario. Lo pensi e, subito dopo, hai la conferma che nonostante i 17° di alcol questo è un vino senza peso in grado di volare e far volare. Più nordico che mediterraneo ti conquista con le note di rosa sotto spirito, frutti rossi di rovo, curcuma, coriandolo e freschissima balsamicità. La bocca sai che è imponente ma non te ne accorgi grazie alla sua vitale freschezza, alla sapidità dirompente e alla struttura tannica di nobile setosità. Persistenza iodata, indimenticabile.


Tuderi 2001 (100% cannonau): la seconda annata di questo cannonau di Badde Nigoluso regala una veste cromatica granato la cui territorialità dei profumi viene raccontata da note di lentisco, timo, rabarbaro, chinotto, amarene sotto spirito a cui seguono, col tempo, odori di torroncino e caffè tostato. Il grado alcolico del vino, sempre sopra i 16° è fortunatamente schiantato dalla debordante sapidità del vino che dona un vigoroso ma duraturo equilibrio. Finale di grande impatto mediterraneo.
Tuderi 2000 (100% cannonau): la prima annata di Tuderi di Dettori ricalca bene o male quanto percepito per la 2001 anche se alle note di chinotto, amarene sotto spirito e torroncino si sostituiscono quelle di tabacco da pipa, eucalipto e terra arsa al sole. Sorso ancora arrogante, sapido, sinuoso con finale accattivante e balsamico. 

Sono vini, quelli di Dettori, che potranno dire molto anche nei prossimi anni nonostante l'assenza di chimica. Qualcuno aveva detto il contrario?

La storia dello Champagne in 10 poster

THYPICO - ECCELLENZE DEL GUSTO QUESTO WEEK END A ROMA

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Domenica 19 aprile dalle ore 11:00, Produttori di Vino e della nostra gastronomia nazionale faranno degustare i loro prodotti:
Uno sguardo importante verrà dato all’Aglianico del Vulture, vino in continua ascesa in questi ultimi anni,
ma sarà protagonista anche il Ciliegiolo di Narni, e come sempre altre cantine del nostro territorio.
Ma avremo anche formaggi e gastronomie e pasticcerie, i panettoni della pasticceria Terenzi e golosità varie...
...un trionfo di sapori e di profumi.
Come sempre a corredare l’evento, presso la sala Sette Conference seminari e laboratori di approfondimento con il contributo di grandi degustatori:
*ore 12:00: Degustazione Blind Tasting con riconoscimento dei vini su Calici neri a cura di Davide Bonucci
*ore 15:00: L’identità di un grande vitigno: Il Verdicchio di Jesi e di Matelica a cura di Marco Cum
*ore 17:00: L’Aglianico del Vulture a cura di Riccardo Viscardi
(costo di ogni seminario 25€, con l’acquisto di almeno un seminario, l’ingresso sarà gratuito)
Sul sito dell’evento: www.thypico.com potete trovare la lista di tutti i produttori presenti alla manifestazione e termini e condizioni per la partecipazione.
Location dell’Evento: Radisson Blu Hotel, Via Filippo Turati 171 (di fronte alla Stazione Termini)
biglietto di ingresso: 15€

Cantina Terlan - Pinot Bianco "Vorberg" 2010

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L'annata 2010, caratterizzata da un inverno asciutto e freddo e da un'analoga primavera, ha avuto un'estate particolarmente calda che ha anticipato la maturazione delle uve portando la vendemmia in condizioni estreme tanto che la produzione è risultata la più scarsa degli ultimo venti anni

Foto: L'arcante

Il vino, di conseguenza, è risultato maggiormente rotondo del precedente e, ovviamente, maggiormente espresso visto che le consuete note di durezza minerale del vino sono ben bilanciate da componenti morbide più cremose ed accattivanti. Magari non sarà un vino da maratona ma la 2010, oggi, è davvero ottima e ben bilanciata e rappresenta per gli amanti del pinot bianco di Terlano un acquisto sicuro.


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